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Una decina d'anni fa ben pochi cultori avranno incrociato l'esordio del trio O3 (allora senza nome): "... de las piedras" è stata una delle prime pubblicazioni dell'etichetta Another Timbre - oggi con un catalogo di oltre cento titoli - e il titolo faceva riferimento a una poesia di Pablo Neruda così come alla specificità del luogo di registrazione, la chiesa in pietra Nuestra Señora de la Anunciada presso Urueña, in Spagna.
Dopo qualche comparsata sporadica in produzioni teatrali e sessioni live miste, con l'odierno e autentico ritorno di "Trashumancia" - registrato nello stesso luogo da Miguel Angel Tolosa - questa singolare formazione porta con sé tutti gli sviluppi della Sofa Music, e dunque delle sonorità afferenti alla free impro scandinava. Una "visione sonora" che appartiene anzitutto al percussionista e fondatore della label Ingar Zach, e che in mancanza d'altri termini potremmo definire "primitivismo acustico"; al suo fianco ritroviamo la flautista Alessandra Rombolá e la fisarmonica di Esteban Algora, entrambi suoi talentuosi connazionali.

In maniera estremamente suggestiva il trio riesce a rendere vivo e presente un senso di angoscia ancestrale, seguendo una spontanea drammaturgia la cui dimensione interpretativa, ancora una volta, è quella di un ritualismo non soltanto pre-religioso ma anche pre-verbale: è il lamento indecifrabile di ipotetiche creature ancora avvolte nella notte del mondo, non in grado di comunicare e perciò intente ad ascoltare la realtà circostante con orecchie ancora vergini e sensibili alla sua variegata polifonia.
L'espediente più efficace nel disegnare l'atmosfera della session - benché forse meno soggetto ad assonanze naturalistiche - è quello delle tecniche estese di Algora che, nel solco della recente riscoperta da parte della composizione contemporanea, sfrutta con versatilità l'intero spettro sonoro della fisarmonica, dal soffio profondo del mantice ai più sottili e taglienti acuti della tastiera a bottoni. In "Naturaleza inerte" la solitudine astrale delle "Vagabonde Blu" di Salvatore Sciarrino si riflette parimenti nella "ecologia sonora" del flauto, tra fischi afoni e fuggevoli richiami ornitologici.

I gesti moderati ma sicuri di Zach - possibile erede del pioniere francese Lê Quan Ninh - rielaborano il linguaggio ermetico de "Le Stanze" in una sequenza di effetti onomatopeici isolati che man mano sorgono in sfregamenti e versi propriamente bestiali. "Lobizniega" (trad. "lupo mannaro") è scosso e predominato da un battito cardiaco ansiogeno, attorno al quale si agitano scomposti fraseggi atonali e un acciottolìo di materiali metallici.
Rombolá arricchisce dapprima l'ambientazione percussiva con oggetti in ceramica, mentre solo in seguito passa al flauto con diteggiamenti a vuoto ("Arroyuelos"), toni statici e, da ultimo, con un timido accenno melodico che potrebbe simboleggiare la scoperta di una forma embrionale di musicalità ("Al caer la noche"), seppure circondata da un'impalpabile astrazione che si protrae per nove minuti propedeutici al lento richiudersi nel silenzio. Chissà per quanto.