Sands zine

Più o meno, sistematicamente, quando si parla di musica cosiddetta ‘collettiva’ si è indotti a immaginare nella mente un insieme di musicisti piuttosto esteso. Ma con un termine come ‘collettivo’ non ci si può limitare alla corporatura ‘ossea’ di un gruppo o ensemble che sia: collettivo è anche un nucleo di idee, sorte e condotte all’esterno da un agire comune, creare un caleidoscopio di note in cui lo slancio del singolo è disintegrato e anche riconoscere le linee timbriche degli strumenti diviene impossibile, in favore di un (ri)cercato oblio figurativo che includa l’artista e gli strumenti che adopera.
Il trio Muta, nato già da una discreta manciata di anni, in questo debutto discografico punta il tutto per tutto sul discorso del (pro)creare note e suonarle all’unisono, secondo un solido spirito di gruppo, lasciando a casa ogni ego individuale e brama di arguire dagli strumenti suoni, più che puliti, originali, chiari e precisi. 
Loro sono Ingar Zach (percussion and electronics devices), Rhodri Davies (amplified harp and electronics) e Alessandra Rombolá (conventional and prepared flutes), della quale si è dibattuto in passato, riguardo il cd solista uscito per la Sillón. La loro (apparente non) musica è un movimento evolutivo che cammina all’incontrario: salpa da urticanti grovigli di una fantomatica drones-noise music gutturale e ‘rudimentale’, che nei dodici minuti di Hamida farebbe impallidire anche degli incazzati di marca come i Wolf Eyes.
Lo stato ‘nichilista’ della tensione è immediatamente smorzato da Birds Wake Up in poi, con scariche capillari di low frequenz e un astratto percussionismo di oggetti casuali. Dead Time, altra chicca del disco, è un gioco ad incastro di onde risonanti e flauto alt(issim)o che acutizza (e attrae) l’ascolto per la sua ‘morbosa’ ombrosità. (Contro)tempi Zen, stop and go feldmaniani: parlano in chiaro assetto (a)simmetrico contemporaneo le tematiche di Passing Time e di una magnifica Vertical Time, simbolicamente congiunte tra loro da un confine silenzio / cascata di rumore percussivo grezzo.
Tutti i brani si edificano mediante schemi composti in partenza da Zach, fatta eccezione per Passing Time che mette in pratica una struttura di Davies, a base di tre microfoni a contatto, due bassdrums e un gong. Inoltre le composizioni traggono in generale il nome da illustrazioni pittoriche di Mazen Kerbaj, artista-fumettista libanese metropolitano (notevolissimo e di cui si consiglia la visita del sito: www.kerbaj.com) il cui diletto lo spinge non raramente dentro sfere sonore: ossia alle prese con la tromba in impro-session in duo con Franz Hautzinger e con dediche solitarie ad Evan Parker.

Sergio Eletto